sabato 4 aprile 2020

I lieti giorni del Corona (15)

I lieti giorni del Corona (15)

Diario semiserio

Oggi vorrei raccontarvi come nascono queste pagine di diario, cosa mi frulla in testa, vorrei portarvi dentro il mio processo mentale creativo. Solitamente si parte da un’idea, una soltanto, qualcosa che mi appare spesso durante il dormiveglia. Appena ho un attimo, inizio a scrivere, sono solo io, come chiuso in una bolla con la tastiera del mio computer e allora… ma cos’è questo frastuono? È insopportabile! Sono quegli scoiattoli maledetti alla Tv. “Daviiiiid, abbassa il volume!”, provo ad imitare le possibilità vocali di mia moglie, ma invano; le mie corde vocali non hanno la stessa efficacia. Vi ho già parlato di Alvin and the Chipmunks, una banda di scoiattoli che canta musica rock con le voci stridule, probabilmente un cartone animato inventato da un torturatore dei gulag staliniani, non c’è altra spiegazione. Quindi, vi stavo dicendo, che inizio a scrivere, una riga dietro l’altra, nessun rumore può interrompere il flusso narrativo che mi inonda la mente… nessun rumore… “abbassa sto c…. di volume! David!”. Tutto inutile. Devo trovare un luogo libero nella casa e chiudere la porta perché non mi arrivi nemmeno uno squittio di roditore di fantasia. C’è la stanza di studio dei ragazzi libera, mi chiudo lì dentro con il mio portatile. Adesso il caos della casa in quarantena è ovattato, posso ritornare nella bolla. Vi stavo introducendo al grande lavorio cerebrale, che mescola ispirazione e metodo, un laboratorio mentale dal quale nascono quegli spunti satirici, quelle immagini ironiche che stanno componendo le pagine di questo diario. Parlavo dunque, c’è una idea di base… sbam! Salto in aria: “Giosuè! Ma che modo è?”, apre la porta, anzi tutte le porte della casa come fosse il Catarella di Montalbano.
Papà stavo cercando il caricatore del cellulare”, e inizia a rovistare, a sbattere i libri, a spostare divani, scivola sulle calze perché è allergico alle ciabatte, a tutte le ciabatte, perché a momenti devasta quella elettrica, perché stacca quel caricatore dalla presa della ciabatta nemmeno fosse la spada nella roccia.
Hai finito?”, gli faccio io spazientito, “ci vuole ancora molto?”.
Ma papà, non ti va bene niente, ce l’avete sempre con me”, ed io mi chiedo se appena compiono quattordici anni ci sia una specie di folletto pazzo, come un alieno succhia cervelli, che immette nella testa di tutti gli adolescenti del mondo le stesse risposte.
Non ce l’ho con te”, provo con tono educativo, “ma se decidi di distruggere la stanza, cosa dovrei dirti? E poi non vedi che sto scrivendo, vai di là un attimo, per favore”.
Cosa stai scrivendo? L’altra puntata dei lieti giorni del corona?”.
Sì, poi ti faccio leggere”, gli dico spazientito ma in fondo contento che mio figlio sia un mio fan.
E di cosa parli oggi? Perché non scrivi di me?”.
Ho già scritto di te, quando hai fatto il compleanno”.
Sì, ma puoi fare un’altra puntata? Per esempio, puoi raccontare quando ho buttato fuori la prof dalla lezione sulla piattaforma online. Scrivi qualcosa su di me, fa ridere”, insiste. Non comprendo come mai ‘sto ragazzino manifesti tutto questo narcisismo. Da chi lo avrà preso? Mah… forse da sua madre.
E dunque, l’ispirazione, l’umorismo, come si possono trasformare gli eventi in racconto? Come far planare la leggerezza sulla fatica della quotidianità? Sono queste le domande a cui voglio rispondere oggi, per condurvi dentro il mio mondo letterario… “Scusami Maurizio, tranquillo non ti disturbo”; entra Daniela nella stanza con una scopa in mano. Spazzata virile, in ogni angolo della camera.
Devi farlo per forza adesso?”, le chiedo supplice; “se lo fai fra un attimo, cosa cambia?”.
Cambia che ora ce la faccio, mi sento un tantino meglio… ma tu continua, fai come se non ci fossi”.
Ma come faccio? Hai lasciato la porta aperta, quello sente Diodato dal cellulare, “E fai rumore” giustappunto; l’altro non la finisce con gli scoiattoli demoniaci, tu che sbatti ‘sta scopa e sposti sedie, scarpe, case libri auto fogli di giornale...”.
Però questa stanza è un porcile!”, mi ribatte la coniuge imperterrita; “se non ci prende il coronavirus, moriamo di peste bubbonica”. Mia moglie ha una naturale tendenza al drammatico, all’apocalittico, ma non se ne va. Resta lì, e come l’ammiraglio Nelson pronto a sconfiggere Napoleone mentre guarda l’orizzonte, dà ordini a tutta la ciurma, con lo scettro della scopa in mano. “Vedete che è pronto, ragazziiiii? Mi sentite?”, ed io con la pressione minima a 120 penso che l’abbiano sentita tutti i ragazzi, anche i quelli della Via Pal, anche i ragazzi di oggi di Luis Miguel, pure il ragazzo della via gluck e quel ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. Di fronte alla mancata risposta tipicamente adolescenziale, scaraventa la sua arma di distruzione di cassa (nel senso di quella audio): “Lavatevi le mani!!!”.
Poi si gira verso di me, ormai avvilito con le dita inermi sulla tastiera del pc: “Tanto lo so che poi questo urlo lo metti nel tuo diario. Vedi? Almeno hai qualcosa da scrivere!”, mi dice sorridendo.
Quindi, vi dicevo... riguardo all’ispirazione… vabbè, mi sa che avete capito; a ‘sto punto vado a lavarmi le mani pure io, meglio non rischiare.

Maurizio Colucci

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