domenica 5 aprile 2020

I lieti giorni del corona (16)

I lieti giorni del Corona (16)

Diario semiserio

Cara celeste nostalgia”, diceva il poeta contemporaneo Giulio Repetto in arte Mogol, sulle note di Riccardo Cocciante. “Nostalgia, nostalgia canaglia!”, rilanciava il Vate di Cellino San Marco, al secolo Al Bano Carrisi. È inevitabile dunque toccare questo argomento: durante questi giorni, chiusi in casa, siamo costretti a modificare le nostre abitudini, a cambiare orari, tempi, a vedere la primavera al sicuro dietro un vetro. Fino a un certo punto però, perché quando mia moglie grida “Lavatevi le mani!!!”, sento il vetro della finestra scricchiolare e forse rigarsi, e allora addio sicurezza.
Che nostalgia! Io, ad esempio, al palesarsi di qualche bella mattinata di sole, giocoforza ho pensato al mio tragitto verso scuola, all’arrivo in quell’edificio luminoso. La location del mio lavoro è veramente felice. Appena si arriva lì, ti sorride realmente la bella stagione, con aiuole alberate e fiorite proprio davanti all’ingresso. Tutto curato da Pippo, un collaboratore scolastico e se non lo definisco così si offende. Però, caro Pippo, non ti seccare: guarda come suona male, “il collaboratore scolastico dal pollice verde”, oppure “il collaboratore scolastico green”. Guarda invece che mi sono inventato: il Bidello della Bellezza! Non suona molto meglio? La mia scuola inoltre è tanto luminosa, tutte ampie vetrate che prendono luce dal Sole che sorge sullo Stretto di Messina, scavalcando le cime dell’Aspromonte. Ti si riempe il cuore e… ti si congelano le ossa di inverno, entrano spifferi da ogni dove. Da maggio in poi e anche in autunno invece si suda, tutta quella luce si trasforma in calore e praticamente facciamo lezione come se fossimo in un grande forno a microonde.
Che nostalgia! E poi i ragazzi, i loro rumori, la loro creatività, la loro gioia di vivere… che nostalgia, quando li vedi spiaccicati sul banco con il cappuccio della felpa sulla testa a mo’ di piumone. Ora invece sei costretto a vederli dietro uno schermo, ma sempre spiaccicati coperti dal piumone vero. Che nostalgia! Manca il contatto fisico, le piattaforme online sono aride, non avverti il calore umano (quello che ti salva dall’assideramento a gennaio, specialmente nelle classi con 27 alunni), non avverti gli odori… già, quelle scarpe da tennis, 27 alunni per due fa 54 scarpe da tennis, un effluvio che ti circonda, stordisce, ti manda in apnea, fino a quando aprono la porta dell’aula e arriva qualche aroma diverso dal bar della scuola, fragranza che ti salva grazie al Cielo. Oh, il bar della scuola, da noi è spazioso, arioso, colorato, che nostalgia! Il caffè al bar, un attimo di stacco e di leggerezza tra colleghi, che cosa gradevole, al momento della ricreazione, con altri 547 adolescenti scalmanati che si spingono, sgomitano, non ti lasciano passare, si ingozzano di panini con wurstel e maionese alle undici di mattina, e tu ormai per mettere lo zucchero nella tazzina hai sviluppato delle abilità da giocoliere. Fino a quando arriva il ciauro della pasta al forno, della cottura del ragù; la mangerò nella pausa, prima dei consigli di classe pomeridiani, che ricordi! Finalmente un attimo di pace, mi danno la mia vaschetta piena di pasta, non senza le critiche alla mia golosità, perché mia moglie ha incaricato Katia, “la ragazza del bar” come la chiamo io, di controllare cosa consumo (però ho la vaga sensazione che anche il Preside mi sorvegli in tal senso, le mie abitudini alimentari disinvolte credo che suscitino qualche forma di interesse… spero di non ricevere lettera di censura per eccesso di cornetti alla crema!). Stavo dicendo, che nostalgia di quegli attimi di pace, solo, nel tavolino, con la mia pasta, la mia pausa! Fino a quando scendono dal laboratorio di orchestra quelli della seconda musicale, la mia classe: “Prof!!! Anche noi abbiamo lezione di pomeriggio! Mangiamo qui con lei, che bello!”, già, che bello… e prendono le sedie, e si mettono accanto a me, e vogliono parlare, sembra un pic nic in salsa didattico educativa, e addirittura qualcuna delle ragazze, mentre provo ad ingoiare una melanzana fritta con mezzo uovo sodo, critica i miei usi alimentari, anche lei. Mi ricorderò di te, cara figliola; il giorno degli scrutini mi ricorderò del tuo nome e del tuo sguardo accusatorio sulle mia fauci impegnate in movimento masticatorio.
Che nostalgia, penso mentre guardo il cielo azzurro da dietro il vetro della mia camera da letto, e le immagini si accavallano nella mente, i pensieri volano come le rondini che vedo fluttuare nell’aere, un sorriso mi nasce leggero e spontaneo sul viso, vedo l’accenno del mio riflesso sulla vetrata e anche un piccolo graffio di lato… la finestra si è rigata veramente; ma quanto può gridare quella donna!

Maurizio Colucci



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