mercoledì 15 aprile 2020

I lieti giorni del Corona (21)

I lieti giorni del Corona (21)

Diario semiserio

La mia anima di docente, e in particolare di insegnante di lettere, ha bisogno ogni tanto di esprimersi, ho bisogno anche io qualche volta di correggere, catalogare, registrare. Ho raccolto quindi, qua e là in Rete, battute, espressioni, freddure sul lessico di questa quarantena. Il candidato tracci un percorso multidisciplinare, facendo riferimento al contesto storico nonché alle sue conoscenze personali… scusate, mi sono lasciato prendere la mano (senza nemmeno averla lavata… questa era troppo terra terra, la lascio solo a testimonianza di come ormai la mia mente sia plagiata dall’invito vigoroso, consueto e reiterato della mia splendida consorte, “Lavatevi le mani!!!”). Andiamo allora in ordine alfabetico.
A come ASSEMBRAMENTO. No assemblamento, con la L, ma assembramento con la R. Ripetiamo tutti insieme: sono vietati ASSEMBRAMENTI, soffermandosi con la pronuncia sul gruppo consonantico BR. La gente, le persone possono concorrere ad un assembramento. Mentre se andate all’Ikea e acquistate un mobile, sarete costretti, una volta a casa, ad assemblarlo, con la L, perché i mobili si assemblano. Almeno i vostri che andate all’Ikea. Io che invece resisto, perché è l’ultima trincea rimasta del mio fronte occidentale coniugale, non assemblo niente. Diciamo che non sono portato. Non so assemblare nemmeno la sorpresa dell’ovetto Kinder, anzi le odio dal profondo del cuore, con quei pezzettini, quelle viti di plastica, che cadono, si perdono, non coincidono mai, con quel disegnino con le istruzioni che sembra un progetto segreto di una base militare della CIA. Domenica a Pasqua, ho chiamato mio figlio Giosuè e ho incaricato lui di assemblare la sorpresa, in questo caso le macchinine del gioco Super Mario del quale la mia prole è fanatica. Grazie al Cielo, sembra che il giovanotto non abbia ereditato questa tara genetica, ed è riuscito nel gravoso compito. Detto questo, per non essere troppo cattivi e dare una chance ai seguaci dell’assemblamento, si potrebbe anche pensare ad assemblare un assembramento, collocando singoli individui non a distanza di sicurezza e collocare insieme un assembramento di persone non autorizzato, e successivamente chiamare un drone del Sindaco di Messina De Luca, per mettere in scena una denuncia. Ovviamente, se l’assembramento con la r avviene in occasione di un funerale di un boss mafioso, smette automaticamente di essere tale e viene definito, più esattamente, adunata spontanea di cui non ho saputo nulla per tre giorni.
B come BACI. Vietatissimi, non si possono dare, nemmeno pensare, mandateli con la mano, però, possibilmente prima lavatevela, non si sa mai.
C come CE LA FAREMO. Già, ma siete proprio convinti che si scriva così? Esistono diverse ipotesi che ho scovato in Rete.
La prima: C’è la faremo. Qualcuno presuppone che si voglia indicare la presenza di un tale signore che di cognome fa la faremo. Allora, da buon prof di italiano correggo, perché i cognomi vanno con la maiuscola: dovete scrivere C’è La Faremo.
La seconda: Ce l’ha faremo. In questo si presuppone l’esistenza di un altro signore, con cognome leggermente diverso, “faremo”, che evidentemente ha qualcosa. Per correttezza, sempre mettendo al posto giusto le maiuscole, andrebbe dunque scritto “Ce l’ha Faremo”; ovviamente resta in piedi il dubbio, cos’ha il Signor Faremo? Per non arrovellarci ulteriormente su tali quisquilie, visto che la quarantena mette a dura prova la psiche (e nel mio caso, state notando che la cosa è evidente…), andiamo alla terza ipotesi.
La terza: Ce la fa Remo. Questa appare molto adeguata, perché coniuga in sé correttezza grammaticale e logica intrinseca. In poche parole è un incoraggiamento a tale Remo. Non sappiamo se sia il personaggio mitologico, il fratello di Romolo, primo Re e fondatore di Roma. Fratello ucciso, non lo dimentichiamo, quindi il fatto che ce la faccia apre molti scenari dubbi. O magari Remo è un ignoto, come dire Tizio oppure Caio, potrebbe essere quello che “Uno su mille ce la fa”, forse Morandi potrebbe chiarirci se questo Uno si chiamasse o si chiami Remo.
Dovrei procedere con la lettera D, ma credo che rimanderò ad altre puntate, anche perché lo spazio è finito. Inoltre è passata mia moglie davanti al pc, ha letto, e mi ha detto: “vai a buttare la spazzatura, ma resta un pochino in più… prendi un poco d’aria, caro, c’è il sole fuori, ti farà bene, libera la testa, fai dei lunghi respiri, cammina lentamente, ne hai bisogno, io sarò qui ad aspettarti”.
Esco di casa, come una bestia da soma, con lo stesso passo triste e lento, carico di tre sacchi pesanti di immondizia. Lei mi guarda barcollare sul pianerottolo, con occhi compassionevoli e preoccupati; mi accompagna fino all’ascensore con il suo sguardo amorevole. Arrivo sulla strada, vedo il cassonetto a distanza, non mi sento più le braccia... ma questi non sono rifiuti, sembra che sto facendo un trasloco, non ce la posso fare, non arrivo al cassonetto, crollo prima sicuramente… altro che libera la mente, altro che rilassati un po’, guarda qui come mi sono ridotto, uno schiavo ebreo che si carica di mattoni per il Faraone egizio. D’un tratto, sarà il sole, sarà l’aria aperta, la mia mente torna lucida: non posso cedere, ho una dignità! Se ce la fa Remo, ce la posso fare anche io!

Maurizio Colucci


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