domenica 26 aprile 2020

I lieti giorni del Corona (26)

I lieti giorni del Corona (26)

Diario semiserio

Non si tratta di trovare con esercizi psicologici il positivo insito nelle situazioni anche oggettivamente difficili. Il positivo c’è ed è davanti ai nostri occhi. La quarantena in primavera ci ha liberato da una rilevante fonte di stress, almeno rilevante per me: l’organizzazione delle scampagnate per le feste canoniche da scampagnata. In primavera ne abbiamo tre: Pasquetta, 25 aprile, 1 maggio. Due ce le siamo già scansate; l’ultima, grazie al DPCM di Conte che arriva fino al 3 maggio, ce la scanseremo. Bello, a casa, mia moglie cucina qualcosa di buono, alla fine anche un buon dolce, il caffè, la meravigliosa pennichella pomeridiana ad orario, nessuno stress. Io fino all’anno scorso ne vivevo diversi. Ad esempio bisogna fare la grigliata, è un imperativo categorico. In ogni comitiva c’è l’addetto alla grigliata, una specie di ingegnere esperto in materia, che si è laureato con un corso rapido, solitamente per via ereditaria, apprendendo tutto dal padre o dallo zio. E lui, l’uomo della grigliata, sa già che quello è il suo posto, sa già che toccherà a lui perpetuare quell’antico rito e nessuno può toccarglielo. Il problema è che nella mia comitiva l’uomo della grigliata è mio cognato, il fratello di mia moglie. Il teorema scientifico a tal proposito recita pressappoco così: i cognati capitano, come le sciagure! Irrompono nella tua vita e tu non puoi farci niente. Tu non li puoi scegliere, sono un effetto collaterale del matrimonio, un po’ come il bruciore di stomaco quando assumi ibuprofene (solo che con l’ibuprofene puoi utilizzare il protettore gastrico, mentre contro il cognato non c’è rimedio). Ha già tentato un paio di volte di far saltare l’impianto elettrico di casa mia, perché è convinto che sappia fare lavori di elettricità. Una volta mi ha detto: “Mi raccomando, la luce dello sportelletto del bagno non l’accendere”.
Perché?”, chiedo io fiducioso, “è solo una lampadina di 40 watt”.
Non funziona, forse potrebbe andare in corto l’intero impianto della casa”. Fine della spiegazione, e non abbiamo usato quella lampadina fino al successivo trasloco, tre anni dopo. Gli ho fatto solo la seguente richiesta: “Se la memoria un giorno dovesse abbandonarmi, e ti chiedo un altro favore, mi raccomando, non farmelo!”.
Tornando alle scampagnate, il cognato in questione si è autoattribuito il ruolo di addetto alla grigliata. Lui è convinto di saperlo fare. Vi espongo alcuni racconti di vita vissuta che sono stati fonte di stress (ovviamente, sempre almeno per me). Una volta aveva deciso di non comprare la carbonella, “perché con il legno è più bello, viene ancora più buona la carne”.
Ma dove lo prendi il legno?”.
Dove mangiamo ce n’è tanto...”. Però aveva piovuto, il legno era tutto bagnato fradicio, non prendeva fuoco nemmeno con il lanciafiamme. Ma l’addetto alla grigliata non si arrende: “Là nel magazzino ci sono tanti pezzi di legno, in mezzo ai ferri vecchi”. Risultato finale: era legno verniciato, abbiamo mangiato salsiccia piombata in salsa tossica affumicata alla Chernobyl. Al momento nessuno è morto dei partecipanti; non sappiamo di danni permanenti diagnosticati.
Un’altra volta aveva fretta e stabiliva la cottura ad orecchio (considerate che non sa suonare). Praticamente abbiamo impacchettato il pranzo e lo abbiamo rivenduto come usato garantito al macellaio. Altra volta, sempre per la fretta, su un barbecue grande quanto una scodellina, ha piazzato un chilo e mezzo di carne, che cadeva dai bordi, davanti, di dietro, e veniva Ricky a mangiare tutto. A tavola ne è arrivata la metà di quella acquistata. Chi è Ricky? Un cane malandato che gironzolava nel cortiletto e mangiava tutto ciò che cadeva (e non ha mai pagato la sua quota!).
L’altra fonte di stress sono le amiche post adolescenti, che si sono sposate relativamente presto, che hanno fatto figli presto, e hanno dovuto rinunciare nella giovinezza a tante piccole cose. Adesso i figli sono più grandicelli: “E andiamo in campagna, all’avventura, è bello!”, e vorrebbero portarti a 600 metri dal livello del mare, in mezzo al nulla, a vivere il contatto con la natura anche per i tuoi bisogni corporali. Oppure, “andiamo in quel paesino, c’è l’agriturismo”, ma il paesino dista dalla tua città 87 km ad andare, e 87 km a tornare, quasi tutti di strada statale. Ricordo quando viaggiavo (quale docente non ha chilometri di viaggio nel suo curriculum?), mi hanno proposto di tornare a pasquetta in un paese vicino a quello dove lavoravo: facevo 150 km al giorno. Allora ho invocato la seminfermità mentale, la vecchiaia incipiente, la demenza non senile, ma abbiate pietà di me. Voglio stare a casa, o magari vicino casa, o in un posto non troppo lontano, servito, dove ci sia un bagno, un luogo per riposarsi, una tavola (ci siamo evoluti, perché non dovremmo mangiare attorno a un tavolo e poi stravaccarci ad uso antichi Romani?).
L’altra componente di stress è la scelta del cibo. I miei amici, anche se non me lo dicono, so che apprezzano le mie doti organizzative… in tutti i contesti, tranne che per la scampagnata! Mi hanno praticamente esautorato, io non devo interferire, specialmente sul menu.
Allora leggo i messaggi nelle chat, vorrei parlare, sento riferimenti alle lasagne, al pesto, allo speck, alla zucca, al pistacchio… ma lasagne del tipo lasagna basic no? Ma non lo posso dire.
Leggo riferimenti ai dolci, di varia tipologia, ma poi arriva la proposta della torta al limone… la torta al limone? Ma un bel tiramisù no? Ma non lo posso dire.
Leggo riferimenti ai contorni, alla parmigiana, mia moglie interviene dicendo che la farà lei, però al forno, perché tutta questa roba grassa fa male… al forno? Al forno! Avete sentito bene. La parmigiana al forno dovrebbe essere vietata dalla Convenzione di Ginevra. Ma perché non farla fritta con un litro di olio che cola, no? Ma non lo posso dire.
Quest’anno invece niente stress. Sono sereno, tranquillo, calmo. Con gli amici ci siamo visti solo in videochiamata, abbiamo visto le varie pietanze a distanza. Mi godo la casa, ho potuto scegliere il pranzo, nessuno ha tentanto di avvelenarmi con il legno alla vernice al piombo.
Mi godo il mio lettone per la pennichella e digerisco. Solo qualche rumore in lontananza: il tizio appassionato di tatuaggi carcerari e karaoke di fronte a casa mia che canta neomelodico; mio figlio Giosuè che batte con il piede sulla manopola del termosifone della sua stanza auspicando inconsciamente di distruggerla; mia moglie, Daniela, che grida “Lavatevi le mani!!!”, terrorizzando gli uccellini che provavano a rallegrare con i loro cinguettio questa strana primavera.

Maurizio Colucci


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