domenica 3 maggio 2020

I lieti giorni del Corona (28)

I lieti giorni del Corona (28)

Diario semiserio

Finalmente è arrivato il giorno, tanto atteso, tanto sospirato, agognato con tutte le forze. È giunto il momento della granita! Mi ero già dilungato in passato in queste pagine sulla mia personale crisi di astinenza da bar, il mio vuoto esistenziale da pasticceria, la mia patologia depressiva da fonti glicemiche (quella che gli studiosi del settore chiamano la sindrome bipolare del cannolo alla ricotta, anche conosciuta come la carenza sistemica di crema chantilly). Tutto è buono, senza dubbio; ma per un siciliano, per un messinese la granita con l’arrivo del caldo diventa un imperativo categorico (probabilmente Kant aveva assaggiato questa delizia, quando disse la famosa frase: “Il cielo stellato sopra di me, e una mezza con la panna dentro di me”; forse non era proprio così…). E su tutto domina lei, la Regina, la Granita caffè con panna! La mia anima lirica adesso non riesce più a contenersi, c’è un effluvio di parole e musica che vuole emergere dal mio intimo, il mio io omerico non può non effondersi in un elogio verso questa delizia dell’umanità; la granita caffè con panna per noi messinesi è qualcosa che va al di là della pansa, della semplice golosità, per noi si tratta di un vero e proprio “luogo” dello spirito.
Essa è Colei che rallegra le nostre mattine e rinfresca i nostri aridi pomeriggi, Colei che rende più dolce la spossatezza tardo primaverile ed estiva e rinfoltisce di adipe le nostre carni stanche: Caffè con Panna (con brioche, aggiungerei garbatamente in mezzo agli squilli di tromba acclamanti).
Sì, cari lettori, è bene effondersi in un giocoso quanto solenne elogio di questa delizia della terra peloritana, di questo bene naturale e culturale, di questo nettare divino che Scilla e Cariddi ci hanno concesso in eredità nei secoli a venire. Non so come la gustiate voi, ma io eseguo un rito particolare, quasi come un iniziato a realtà superiori ed arcane. Quale bontà, quale dolcezza al palato! Quando la brioche, anzi, più precisamente il “cappello” della brioche, guidato da una mano avida, accarezza con delicatezza la panna, già i sensi avvertono un risveglio nuovo, inusitato; lo zucchero arriva subito al cervello, sembrerebbe senza passare dallo stomaco, e ti dà il buon giorno, i muscoli appesantiti da una notte insonne e irrequieta riprendono vigore, le pupille in mezzo agli occhi si allargano e si fanno inondare dalla luce. Un morso, un altro morso, un altro ancora, finché il cappello viene del tutto consumato da fauci voraci e ansiose. Poi è la volta del cucchiaino: inizia ad affondare nel bicchiere di vetro, per creare la miscela magica, affonda la panna nel caffè ghiacciato, e giù via, fino a quando il bianco candido scompare assorbito, fagocitato dal marrone scuro del caffè, vigoroso e possente. Ancora un’altra immersione del cucchiaino e la granita è pronta per il successivo assalto. Il resto della brioche s’inabissa in quel mare color avana, denso, voluminoso, cremoso, e si mangia, si gusta con un fare quasi infantile. Si ritorna lattanti, bambini allegri, golosi, spensierati, che sorridono alla vita e la mordono ad ogni pezzo di calda brioche. Ma è solo un attimo, una piccola ebbrezza, una pausa paradisiaca, e il bicchiere appare quasi svuotato, dimezzato, risucchiato. Ed è allora che giunge l’apice, il rito arriva al suo culmine, il corpo e l’anima in un unico afflato vengono pervasi dalla Dolcezza e dalla Freschezza messe insieme. Un sorso, due sorsi, poi come un unico respiro e quella delizia di panna e caffè, ormai completamente liquida, pervade ogni cosa passando attraverso le labbra. È solo un istante, ma fermo, impassibile nello scorrere noioso e inesorabile del tempo. Bevi il caffè gelato pervaso dalla panna dolce ed è come una scossa elettrica, che parte dall’alluce e s’inoltra su fino all’ipofisi, dando nuova linfa vitale a tutto il cervelletto. Posi il bicchiere e ringrazi Dio per il dono del caffè, per il dono del latte, per aver consegnato agli uomini la ricetta della panna, per aver messo nella mente dei Siciliani l’idea di sposare insieme in un matrimonio glaciale panna e caffè, un vincolo indissolubile di squisitezza, che rallegra di un po’ la vita di questi strani e ansiosi giorni di quarantena.
Adesso può cominciare per me ufficialmente la fase 2… nel senso che se una brioche è piccolina, meglio averne un’altra per sicurezza.

Maurizio Colucci

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