sabato 9 maggio 2020

I lieti giorni del Corona (30)

I lieti giorni del Corona (30)

Diario semiserio


Continuiamo il nostro dizionario della quarantena, l’unico, l’inimitabile. Ci sono cose simili sui giornali, è vero, ma diciamoci la verità… non trovate la stessa capacità di approfondimento che riscontrate in queste pagine, non captate la medesima lettura accurata della attualità, non cogliete quello spirito di osservazione che trasuda da queste righe; insomma… mi volete dire che sui giornali leggete le stesse minchiate che scrivo io? E proseguiamo in questo viaggio dell’animo umano posto suo malgrado in cattività. Eravamo arrivati alla lettera M.
N come Non. Questi sono i giorni della negazione. E non puoi uscire, e non puoi aprire, e non puoi organizzare feste, e non puoi abbracciare, non toccare, non sputare… e che è ? Si sa che l’uomo è un gradino sopra il lama peruviano, se non sputa si sente costretto. Per ogni cosa bella da fare, c’è pronto Conte il Bono con il suo DPCM e tutti i suoi no. Una volta si diceva solo No al colesterolo, bei tempi… facevi tutto quello che volevi, ma per stare attento ti mangiavi il gelato alla soia. Quando invece, se ci fosse un po’ di giustizia in Italia, se realmente ci tenessero ai nostri diritti e alla nostra felicità, il gelato alla soia sarebbe da vietare, che francamente sarà stato inventato da un uomo molto triste, un uomo depresso, un uomo da orizzonti bui… e invece No! Tutto vietato, tutta una serie di no, e siamo obbligati pure a mangiare il gelato alla soia, perché con ‘sta quarantena stiamo ingrassando come dei suini, il nostro sangue è diventato l’happy hour di colesterolo e trigliceridi.
O come Oronzo Canà. Sicuramente molti di voi si chiederanno cosa c’entri questo nome in un dizionario della quarantena. Probabilmente qualcuno (spero pochi) si chiederanno addirittura chi sia Oronzo Canà. Breve sintesi per colmare le lacune, la grave ignoranza. Oronzo Canà è il mitico allenatore della Longobarda, personaggio interpretato dal nostro sempiterno rappresentante nazionale all’Unesco, Lino Banfi, in una pellicola cult degli anni ottanta, “L’allenatore nel pallone”. Ed ora torniamo alla prima domanda: cosa c’entra in questo dizionario? In realtà si tratta di una questione personale, ma credo che molti uomini vivano la mia stessa condizione. Per questo motivo ho deciso di renderla paradigmatica, perché tutti quelli che vivono una situazione come la mia durante questi strani giorni, possano trovare conforto dal dolore comune. Mi spiego meglio. Tanti uomini vivono una dimensione tricologica simile alla mia: uno spazio enorme che si dilunga dalla fronte fino al vertice della nuca, una specie di spianata delle moschee per capirci; e attorno, a destra, a sinistra e sopra il collo, quel po’ di capelli, mesta testimonianza di un tempo che fu, di ore passate allo specchio a decidere dove fare la riga, passandosi la mano sulla folta chioma ogni cinque minuti come fossimo attori dello spot dell’antiforfora. C’è chi nel tempo ha dato un taglio alla nostalgia, a questa blanda attestazione di capigliatura, rasando tutto con la macchinetta, con la comoda testa a palla di bowling. Noi no, noi resistiamo, siamo in tanti io lo so, e andiamo anche dal barbiere se è il caso, perché quei capelli sui lati crescono ancora, certe volte alla stessa velocità di quando eravamo adolescenti. Già crescono… ma i barbieri sono chiusi per ora, e il fai da te casalingo in materia ha già prodotto diversi disastri. Quindi che succede? Dopo varie settimane senza tagliare questi cespugli laterali, ci trasformiamo in Lino Banfi che interpreta Oronzo Canà (per quelli con la faccia tonda come la mia, l’identificazione è ancora più facile). Io lo so che forse avete percepito una immagine particolare di me, direi affascinante. Le mie similitudini vi hanno trasmesso che possiedo la leggiadria di Roberto Bolle, l’elasticità di Spiderman, la virilità di Acquaman, come il nostro Presidente Conte sono un gran figo insomma (perché c’è stato un tempo che anche io avevo il ciuffo malandrino e lo sguardo acchiappesco). Lo so che ormai credete questo di me e non vorrei deludervi. Però anche io ho delle zone oscure, dei momenti bui. Quando mi alzo al mattino, o dopo la pennichella pomeridiana, mi guardo allo specchio e sono Oronzo Canà, con i cespugli laterali espansi sempre più verso l’esterno, i capelli dietro la nuca che si aprono come scarola afflosciata per il caldo e il mio faccione in primo piano. Coraggio, fratelli e amici, non temete il piccolo Oronzo che emerge al mattino davanti ai vostri specchi; anche voi, ne sono certo, poi lottate insieme a me per rendervi presentabili e tutti insieme ci dilunghiamo in un rito propiziatorio, come delle sacre abluzioni: ci mettiamo a bagnare questa chioma anarchica con manate di acqua, fino a quando si piega a forza al nostro volere… Ogni mattina la stessa storia, ma subito dopo ritorno quello di prima, l’uomo che porta fiero la sua tigna con dignità in faccia al mondo, ma sempre bello, sempre figo.

Maurizio Colucci

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