martedì 2 giugno 2020

I lieti giorni del Corona (37 - puntata finale)

I lieti giorni del Corona (37)

Diario semiserio

Qui abitava mio padre da ragazzo. Ci pensi? C’era una città, un vialone, che portava dritto allo svincolo dell’autostrada. Guarda lì: quei piloni fatiscenti avvolti dalla vegetazione erano una volta la tangenziale della città”.
Nonno, adesso qui non c’è più nulla. Ci sono solo rovine, sterpaglie, qualche albero… c’è questo torrente secco… ”.
Nei secoli questo posto doveva essere più o meno così. Poi dopo il terremoto del 1908, questa zona venne utilizzata per dare casette prefabbricate agli sfollati. Nel XX secolo Messina divenne sempre più grande e allora verso la fine, negli anni Ottanta, coprirono questo torrente e divenne una strada, un grande viale, dal mare fino alle colline che vedi lassù. Allora cominciarono a costruire palazzi, grandi condomini, supermercati, e poi lo svincolo autostradale. Proprio dove siamo noi adesso passavano molte automobili e tir ogni giorno”.
Nonno, ma noi cosa siamo venuti a fare in questo posto? Cerchi qualcosa in particolare?”.
Mah… forse un’illusione da vecchio… Fra poco compirò ottant’anni, sono lontano da Messina dai tempi dell’Immensa Tragedia. Adesso che il Grande Governo Mondiale ha permesso di tornare nei luoghi distrutti, ho pensato: chissà se trovo qualche traccia dei miei nonni: nonna Daniela e nonno Maurizio. Per una strana coincidenza tu ti chiami proprio come lui, caro nipote, Maurizio Colucci”.
Il ragazzo si mosse in silenzio tra i calcinacci, i cespugli… ogni tanto balzava fuori qualche lucertola paurosa dagli anfratti di quello che era stato forse un balcone, forse un muro portante di un palazzo. Qua e là c’erano cianfrusaglie, reperti del XXI secolo.
Nonno, a scuola mi hanno detto che stanno preparando squadre di archeologi, che perlustreranno tutti i luoghi distrutti dalla Immensa Tragedia, forse raccoglieranno tutte gli oggetti antichi e li metteranno in un museo. Non so… pensi che facciamo bene a stare qui? Non vorrei che i droni del Grande Governo Mondiale controllino pure questi luoghi abbandonati”.
Allora, caro Maurizio, sbrighiamoci! Chissà se riuscissi a trovare qualche oggetto della stanza da ragazzo di mio padre Giosuè. Quando andavo a trovare i nonni, giocavo ogni tanto con qualche vecchio computer di mio padre… erano lentissimi, però c’erano giochi divertenti. Ed ogni volta dovevo sentire le lamentele di mio nonno Maurizio, che mi raccontava tutti i danni che faceva mio padre da piccolo in questa casa. Ancora era arrabbiato perché era riuscito a distruggere, lui da solo, tutte le porte usb di un computer”.
Nonno, cosa sono le porte usb?”.
Ora nel 2110 le periferiche sono virtuali, le attivi attraverso i cloud, ma allora si attaccavano materialmente a delle porte, con dei cavetti, o dei beccucci. Già quando sono nato io, nel 2035, le porte usb erano quasi sparite… Comunque, a quanto pare, mio padre distruggeva tutto!”.
Allora avrò preso da lui… ops”, disse il ragazzo mentre staccava un’anta dal rottame di un frigorifero in disuso; “giuro, nonno. Lo appena toccato! Forse era arrugginito”.
Continuarono nonno e nipote a cercare, a guardarsi attorno, a camminare faticosamente tra le rovine di quel palazzo. Era una giornata di inizio giugno, in realtà abbastanza fresca per il periodo. La leggera tramontana che proveniva dai vicini Colli San Rizzo scendeva dritta nella vallata del torrente, ma veniva mitigata da un Sole quasi estivo.
Nonno, non mi hai mai voluto raccontare nulla dell’Immensa Tragedia”.
Il nonno sospirò, continuò a rovistare tra le erbacce e i reperti del XXI secolo, come a voler schivare la domanda.
Nonno?”.
Vuoi proprio saperlo?”.
Mi hai portato fino a qui… ho quindici anni, anche a scuola non ci raccontano proprio tutto, dicono che approfondiremo all’università”.
L’Immensa Tragedia fu una serie di eventi catastrofici che colpì diversi luoghi della terra. Iniziarono con l’epidemia del coronavirus del 2020, quindici anni prima che io nascessi. Tuo padre mi raccontava sempre di questo periodo, lo chiamava quarantena. Lui aveva quattordici anni. Mi diceva spesso che uno dei suoi divertimenti preferiti era leggere un diario scritto da suo padre, mio nonno Maurizio: si intitolava “I lieti giorni del Corona”; io però non ho mai letto nemmeno una riga di quest’opera”.
Non mi dire, nonno, che sei qui a cercare questo diario?”.
Sei intelligente, ragazzo! Ma come ti dicevo è una pia illusione… chissà, pensavo. Magari trovo il rottame di qualche vecchio pc, un hard disk. Forse con la tecnologia di oggi siamo in grado di ripristinare i dati...”.
Nonno, e questo cosa c’entra con l’Immensa Tragedia?”.
In qualche modo c’entra… però te lo spiego dopo. Dunque, ti stavo raccontando della pandemia, due mesi di quarantena tutti chiusi in casa, la crisi economica. A giugno del 2020 pensavano che fosse finito tutto. E invece? Era solo l’inizio di una serie di eventi, che si susseguirono per una trentina d’anni. Prima tornò la pandemia, più potente di prima. Il virus mutava e non c’erano farmaci, non c’erano vaccini. Negli anni Venti un sesto dell’umanità venne eliminato da questa serie di epidemie. Poi ci fu un periodo relativo di quiete. Gli uomini provarono a ricostruire, ma senza aver capito la lezione. Scoppiarono diverse guerre regionali, nell’est Europa, in Medio Oriente, in Africa, in Sud America, addirittura tra Stati Uniti e Canada, perché un presidente pazzo aveva deciso di attaccare i canadesi per il controllo dell’Artide”.
Queste cose in parte le conosco, Nonno, ma qui a Messina cosa è successo?”.
Diverse cose me le ha raccontate il tuo bisnonno Giosuè. Altre le ricordo bene, le ho stampate nella mia testa. Pressapoco nel 2035, l’anno della mia nascita, lo scudo della nostra atmosfera divenne più rarefatto e più vulnerabile in alcuni punti, ad esempio nel cielo sopra la Sicilia. Le piogge di meteoriti divennero più frequenti; ho ancora le immagini terribili davanti, io piccolino trascinato dai miei genitori nei rifugi. Vivevamo nel terrore che un meteorite più grande precipitasse nello Stretto. Finché un giorno del 2050, avevo quindici anni, l’inevitabile accadde. Sembrava all’inizio una specie di fuoco d’artificio, una lunga scia spuntare dal nulla e colorare in pochi secondi tutte le nuvole di arancione. Si schiantò nel mare. Fu un attimo di silenzio, come se non fosse successo niente. Poco dopo invece la terra iniziò a tremare, si sentì uno schianto come se le viscere del mondo si frantumassero come un vaso, un boato enorme, come l’esplosione di cento tuoni contemporaneamente, e alla fine si alzò il mare, divenne un muro d’acqua altissimo, come un mostro liquido che volesse ingoiare la città… e così fece. Messina venne ingoiata dalla terra aperta come voragine e sommersa tutta dal mare. Morirono tantissime persone. Io vidi l’orrore intorno a me, i miei genitori per fortuna erano ancora vivi. Nei giorni successivi ci aggiravamo tra le rovine, come degli zombie e pensavamo che fosse arrivata l’apocalisse, solo che non c’era il Cristo vittorioso sul cavallo bianco. Ma l’Immensa Tragedia non aveva ancora sprigionato la sua incredibile potenza distruttiva. Si sparse nella popolazione superstite un altro virus sconosciuto, mortale, invincibile. Poi scoprimmo che la stessa cosa era avvenuta in altre parti del mondo: frammenti di DNA alieno, caro Maurizio. Nel cuore di quelle meteoriti era incapsulato questo virus ignoto. Con l’esplosione, i minuscoli frammenti di roccia lo avevano diffuso nell’aria. I tre quarti della popolazione del Pianeta andarono incontro alla morte. Messina divenne l’epicentro mondiale della epidemia. Morirono proprio tutti. Ci salvammo solo io e mio padre; il sito della città venne abbandonato per sempre. Oggi è la prima volta che ci ritorno, dopo sessant’anni”.
Il nonno chiuse il suo racconto, quasi rallentando, togliendo sempre più fiato ad ognuna delle parole conclusive. Continuò allora nella sua ricerca illusoria, tra le sterpaglie e i calcinacci del palazzo crollato.
Nonno, come mai tu e tuo padre non siete stati contagiati? Il bisnonno Giosuè è sopravvissuto al coronavirus prima, poi alle pandemie successive, poi al terremoto e al maremoto, poi al virus alieno…”.
L’autorità sanitaria del nascente Grande Governo Mondiale ci cercò per tutta la Sicilia, poi per tutta l’Italia. Eravamo vagabondi, ma evidentemente i servizi segreti erano molto in gamba. Ci trovarono, ci studiarono, rinchiusi per mesi in un hangar segreto, controllati in ogni attività, monitorati anche nel sonno. Eravamo gli unici superstiti di Messina, gli unici sopravvissuti a tutte le sciagure provocate dall’Immensa Tragedia. Provarono a testare tutte le ipotesi possibili: forse avevamo un DNA unico nella specie umana; forse la natura ci aveva dotato di uno scudo immunitario, dovuto a qualche esperimento radioattivo; forse anche noi tra i nostri ascendenti avevamo qualcosa di extraterrestre. Alla fine gli scienziati sentenziarono: era stato culo!”.
Il vento sul torrente si fece più forte e il Sole stava iniziando a calare.
Nonno, andiamo! Qui fra poco tramonta e farà buio… aspetta… Guarda lì! Mi sembra un computer”, il ragazzo lo prese, rovistando tra i rottami, stando attento a non tagliarsi.
Sì, è proprio un computer”, disse il nonno; “prendiamolo! Chissà se sia possibile recuperare i dati… controlla qui attorno, presto, vediamo se ce ne sono altri. Mi piacerebbe molto trovare il diario della quarantena di mio nonno Maurizio”.
Ma perché ti interessa così tanto questo diario?”.
Non lo so… forse perché mio padre me ne ha sempre parlato con allegria, ma non ho potuto leggere nemmeno una pagina”.
Come mai? Perché è andato perduto?”.
Caro Maurizio, ti chiami come il tuo avo, ma spero che la tua mente funzioni meglio della sua. Mio nonno Maurizio era un tipo strano, ma, da quello che so, non era stato sempre così. In effetti, fecero molti studi allora, anche sul cervello: giunsero alla conclusione che la quarantena avesse fatto male a molta gente, specialmente ad alcune menti particolarmente predisposte… e mio nonno Maurizio probabilmente era una di queste. Secondo mio padre, i segni di squilibrio erano già presenti in quel diario, magari nascosti dietro battute ironiche. Anche mia nonna Daniela lo diceva sempre: è stata la quarantena a fare impazzire mio marito! Mi raccontavano di una puntata del diario in cui Nonno Maurizio riferiva di uno sdoppiamento della personalità, anzi di più… cinque, sei, sette personalità in conflitto tra di loro… tutti leggevano e ridevano, ma poi…”.
Ma poi?”.
Ci fu la questione di Oronzo Canà”.
Chi è Oronzo Canà?”.
Non ti saprei dire, mio padre non mi ha saputo mai spiegare bene questa storia. Anche in rete ho trovato poco. Forse è un personaggio inventato, opera minore della letteratura umoristica del XX secolo”.
Mai studiato a scuola!”.
E nemmeno io! Comunque, Nonno Maurizio aveva scritto di questo Oronzo Canà nel suo diario, che aveva i capelli come questo personaggio, con la pelata al centro e i ciuffi ribelli allargati tutti sui lati. Leggeva e rileggeva le sue pagine, le sue battute comiche, fino a quando si convinse….”.
Che cosa?”.
Andò in Turchia”.
In Turchia?”.
Per fare l’autotrapianto dei capelli. Disse addio alla sua ormai famosa calvizie. Ma al ritorno non era più lo stesso, non riusciva a guardarsi allo specchio, non si riconosceva. Quella operazione al cuoio capelluto aveva alterato l’immagine che aveva di sé. Allora si convinse di avere talento, di poter essere uno scrittore di quelli seri. Si vergognò delle pagine umoristiche del suo stesso diario, cominciò a cancellare ogni traccia in rete dei suoi scritti. Si sarebbe dedicato solo a scrivere versi crepuscolari e prosa elevata sui grandi drammi umani. Compose anche uno straziante poema, quello sì che l’ho letto, si intitolava “Illusione tricologica”, in cui esprimeva la sua sofferenza esistenziale. Ricordo la cantica iniziale (perché è diviso in tre cantiche come la Divina Commedia), un tormentato viaggio interiore, una sorta di flusso di coscienza in versi, “La rimembranza della calvizie” credo fosse il titolo.
E come erano queste opere?”.
Francamente? Terribili, deliri di un folle, niente di notevole dal punto di vista letterario. Per questo ho nostalgia di Nonno Maurizio, lo scrittore ridanciano, l’uomo sorridente che non ho mai conosciuto, sorridente e pelato. Speravo che tornando qui, magari avrei trovato qualche traccia di lui… di loro”.
Ormai il cielo tendeva a un arancione vivo, quasi delle strisce di tempera gettate e sfumate nell’azzurro. L’aria si fece sempre più fresca, quasi frizzante.
Nonno, ho raccolto tutti i possibili rottami di computer, ma, da come sono ridotti, dubito che se ne possa ricavare qualcosa. E poi è passato troppo tempo, chi ci dice che tra questi pc ce ne sia uno appartenuto a tuo nonno Maurizio?”.
Hai ragione, ragazzo. Ora andiamo. Lascia soltanto che respiri ancora un poco di quest’aria, questo profumo di casa. Che immagini gli odori di Nonno Maurizio e Nonna Daniela. Mi sembra che il loro spirito in qualche modo sia ancora qui… ascolta il vento, guarda che silenzio! Se chiudo gli occhi mi sembra di sentire la loro voce, il borbottio brontolone di Nonno Maurizio e poi Nonna Daniela...”.
Il ragazzo chiuse gli occhi insieme a suo nonno. Forse fu la suggestione, ma in un attimo arrivò dai colli una folata di vento più energica, quasi musicale. Sembrava una voce di donna, il fruscio in mezzo ai cespugli, come un respiro dolce, come uno squillo, come se il vento parlasse: “Lavatevi le mani!!!”.

Maurizio Colucci


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